martedì, febbraio 20, 2007

Vicenza, Usa pronti a trattare modifiche










VICENZA - Flebili segnali, mezze parole, piccoli spiragli. Dopo il successo della manifestazione di Vicenza, si fa strada la possibilità che gli Stati Uniti facciano parziale retromarcia, rivedendo i criteri e le modalità logistiche del raddoppio della base militare Dal Molin, accogliendo alcune delle preoccupazioni espresse dalla popolazione vicentina che si oppone all'installazione. E il sottosegretario agli Esteri Bobo Craxi, spiega che già il governo si era mosso in questa direzione: "Risulta agli atti, politici e diplomatici - spiega - che un passo per verificare la possibilità di una modifica della locazione della base militare di Vicenza sia già stato compiuto". L'esecutivo, prosegue, "non è insensibile alle ragioni e alle opinioni del popolo della pace. Tuttavia, sarebbe il caso che alcuni partiti fossero più sensibili anche alle ragioni del governo".





Insomma, piccoli spiragli che lasciano intravedere un possibile, magari parziale, cambiamento di rotta. Se Romano Prodi ha ribadito che "le decisioni non si cambiano".





L'ipotesi che si affaccia è dunque quella di una modifica del progetto. Ipotesi rilanciata dal segretario di Rifondazione comunista. "Confido nel fatto - ha commentato Giordano all'indomani della manifestazione - che questo movimento possa ottenere ciò che chiede, ovvero lo spostamento della base Usa fuori da Vicenza". Ma, per quanto tutta da verificare, questa possibilità potrebbe non essere sufficiente a far rientrare malumori e proteste.





"Gli americani pronti a trattare? Non ci crediamo", ha tagliato corto Giancarlo Albera, uno dei portavoce del Comitati del No. "Forse - ha aggiunto - lo sono sulle mitigazioni ambientali. Ma i 120 mila di sabato non vogliono la nuova base''. Il problema infatti per Albera non è risolvibile con qualche "ritocco" urbanistico. "Non vogliamo la base - ha ricordato - perché siamo contrari alla guerra".
Ancora più drastico Olon Jackson, un altro leader della protesta vicentina: "Che gli Stati Uniti siano disponibili a qualche concessione per smussare la conflittualità mi sembra molto plausibile, ma il nostro no alla base è netto, non è risolvibile con qualche aggiustamento: è una questione di pacifismo, di democrazia e di uso del territorio. Il movimento va infatti dai noglobal, alle suore, agli autonomisti. In nove mesi nessuno del governo si è preso la briga di venire qui a parlare con la città e capire quale era la situazione. Ora devono fare una scelta netta e decidere se quando saremo davanti alle ruspe in maniera pacifica ci vorranno cacciare a manganellate".





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