martedì, luglio 04, 2006

Uguaglianza non è estremismo

Il referendum del 25 giugno ha segnato una sconfitta del polo di centro destra, ha affermato il valore della Carta costituzionale, ha confermato quella vittoria dell’Unione che il 9 aprile era apparsa piuttosto risicata.
Non c’è però in queste riflessioni, senza dubbio giuste, un’analisi dei sentimenti profondi, dell’inclinazione istintiva che ha spinto gli italiani ad andare a votare e a dire no alla riforma della seconda parte della costituzione. In poche parole non c’è un’analisi dei valori di fondo che quella partecipazione e quel voto vogliono indicare. Si preferisce, almeno finora, sottolinearne gli aspetti strettamente politici se non politicisti.
Invece anche i numeri che abbiamo a disposizione possono parlare e dare una indicazione che va oltre loro stessi.
Che cosa indicano allora questi numeri? Intanto la partecipazione al voto, inaspettata, con il superamento del 50 per cento ci fa capire che gli italiani avevano ben chiari i contenuti di questo referendum e la sua importanza. Erano consapevoli della serietà dello scontro politico e di idee sul quale erano invitati ad esprimersi. Indicano anche che quando non c’è quorum la partecipazione è più alta perché non è possibile fare uso dell’astensione e allora la discussione, lo scontro, la partecipazione sono garantiti.
Che cosa indica poi la vittoria del no? Solo il desiderio di dare un altro colpo a Bossi e Berlusconi? Solo la voglia di confermare la vittoria del 9 aprile? Oppure pensiamo davvero che gli italiani in una caldissima domenica di giugno siano andati a votare solo sul numero dei parlamentari o sui poteri delle massime cariche politiche e istituzionali? Tutte cose importanti, sia chiaro, ma non tanto importanti da motivare una partecipazione ed un voto così fortemente determinati.
La spinta fondamentale al voto del 25 giugno è stata data da un adesione tranquilla ad alcune idee di cui gli italiani sono “radicalmente” convinti. Queste idee sono quelle di solidarietà, di eguaglianza di fronte ai diritti, quindi di democrazia. Il 25 giugno il paese ha votato contro un’idea diseguale del paese che passava attraverso la disuguaglianza nell’istruzione e nella salute, nella scuola e nella sanità. E questo voto è stato dato in misura significativa nella quasi totalità del paese, smentendo anche la divisione che appariva scontata fra la parte del paese ricca e interessata a gestire le sue risorse ed la parte più povera destinata a gestire la sua emarginazione. E ha votato per un’idea di democrazia forte, in cui il parlamento esprima effettivamente la voce dei cittadini e consolidi il suo ruolo e il governo si esprima in un equilibrio di poteri senza cadere in tentazioni e intenzioni dirigiste se non autoritarie e centralizzatrici.
Il voto del 25 giugno ha messo insomma in evidenza che parole, valori, giudicati ingenui o estremisticamente radicali come solidarietà, eguaglianza nell’ accesso ai diritti di cittadinanza, parole iscritte anche in alcune costituzioni liberali, ma nate da rivoluzioni radicali, non sono lontane dal comune sentire dei cittadini. Anzi ne fanno talmente parte che quei cittadini sono in grado di riconoscerli negli articoli a volte di difficile lettura di una carta costituzionale. Tutto appare chiaro quando c’è un’idea di fondo, un sentire radicato, un sentimento convinto. Ed è strano che tanti commentatori ed analisti non abbiano ancora messo in evidenza la forza e la determinazione di questi sentimenti e di questi valori.
Ma forse una ragione c’è. Essi, anche se non gridati, anche se appartengono alla maggioranza dei cittadini, non per questo sono moderati, non indicano un’Italia disponibile ad abbandonare la scommessa del cambiamento, non parlano un linguaggio centrista o conservatore. Per questo piacciono poco e si preferisce ignorarli. Invece dovrebbero essere presi in seria considerazione. Danno una indicazione di fondo che spetta alla politica decifrare e far vivere. Fanno capire per esempio quanto sia vecchia, poco realistica l’idea di una popolo rassegnato all’andamento dell’esistente in cui solo alcune ed estremistiche frange si ostinano a predicare valori impossibili. Così come la pace anche la democrazia e l’eguaglianza non appartengono solo ad isolati idealisti o ad arrabbiati estremisti. Sono valori dei cittadini di questo paese. Ad essi sono molto interessati. Quando sono in una Costituzione. E anche se nascono da una o più rivoluzioni.
Ritanna Armeni
28 giugno 2006
Da "LIBERAZIONE"

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