
Bertinotti: «Allarghiamo i confini della politica. Lotta all’evasione fiscale e alla rendita»
di Fabio Sebastiani
Se con Prodi e Berlusconi i 17 milioni hanno dormito, davanti al match tra il segretario del Prc Fausto Bertinotti e il ministro Maroni, venuto a fare le veci nel giorno del suo compleanno del senatur, ha avuto più di un motivo di interesse. Ad annoiare sono piuttosto i due giornalisti chiamati a fare le domande: Mario Pirani, editorialista di “Repubblica” e Franco Bechis, direttore di “Italia Oggi”. L’unica continuità con la sera precedente è il ritardo con il quale comincia il collegamento e le penne, che stanno salde in mano dei due contendenti senza tracciare un solo tratto sul foglio. E’ Bertinotti ad aggiudicarsi le prime battute, per calma, precisione, capacità di convincere su argomenti concreti. Maroni è costretto al’inseguimento. Non solo, ma quando il segretario del Prc porta l’affondo contro le malattie dei partiti - burocratismo e “stipendi d’oro” - è costretto a fare il democristiano di turno difendendo a spada tratta “Roma ladrona”. «Abbassiamo gli stipendi pubblici più alti. Mettiamo un tetto», ha proposto Bertinotti. «Partiamo dalla media delle retribuzioni del pubblico impiego e stabiliamo che parlamentari, giudici, alti funzionari, non possano percepire più di dieci volte tanto». Un tipico gol in contropiede su azione nel primo minuto. La controprova è alla terza domanda. Pirani richiama i rischi dell’estremismo. Bertinotti spiega per filo e per segno che a volte con la parola “estremismo” si bollano le lotte, e cita Scanzano, il movimento no-Tav e la lotta della scuola; e Maroni è costretto ad allontanare da sé ogni ombra di estremismo e a dire il falso: «A Milano sono entrati in azione i no-global». Alla domanda di Bechis sulla lotta contro la Fiat, Maroni si impappina, alza la voce e dice: «Non sono contro la Lega». Voleva dire la Fiat, ma fa lo stesso. I “poteri forti” evocati dal direttore di “Italia Oggi” non spaventano Bertinotti: «In Italia comanda il partito della rendita. E’ l’avversario principale. La ricchezza va ridistribuita». Maroni non accetta il terreno. Prova a spostare l’attenzione e tesse le lodi della piccola impresa. E’ la sua battaglia contro i poteri forti. Questa volta più che democristiano pare solo uno fortemente preoccupato del suo bacino elettorale. Sugli immigrati, Maroni non fa il duro, come la sera prima Berlusconi. Ma riesce a sfiorare decisamente il grottesco: «Immigrati mandati in fila contro il governo», dice. Bertinotti accusa: «Governo ipocrita e impotente. La politica dell’esecutivo è irrealistica. Senza gli immigrati le fabbriche chiuderebbero e i malati a casa non verrebbero assistiti». Nessuno alza i toni. Non una parola fuori posto, e nessun colpo basso. Il filo conduttore è fino in fondo la concretezza dei problemi. E l’argomento con cui si insiste con maggiore determinazione è il fisco, con Bertinotti che ricorda l’importanza dell’evasione, giunta al 30% del Pil contro una media europea del 10% e Maroni che gli sventola con ostinazione sotto il naso la bandiera dei poteri “taumaturgici” del federalismo fiscale. Ma il segretario del Prc insiste, e porta i dati: «Una lotta seria all’evasione ci farebbe risparmiare due finanziarie». Sulla famiglia, Maroni torna a fare il democristiano, anche un po’ incomprensibile, per la verità. Parla di “quoziente familiare”, ma vuole solo dire che single, coppie di fatto, per non parlare di quelle gay, vanno penalizzati rispetto alla “famiglia naturale”. Il segretario del Prc non si fa cogliere impreparato: «Non c’è niente di più disgregante nella famiglia della precarietà». Anche qui tornano al centro le cose concrete: «Perché nelle coppie di fatto non ci deve essere la reversibilità della pensione?», chiede Bertinotti e fa un puntiglioso elenco di tutti i diritti negati a chi non è “regolarmente” coniugato. Il tema della precarietà non viene raccolto da Maroni. Un segnale importante che denota un certo timore ad esporre un cavallo di battaglia importante del titolare del Welfare di fronte a chi di lavoro, e di condizione sociale, se ne intende. «E’ la condizione sociale che pretende il cambiamento in questo paese», aggiunge Beritnotti. Prima di imboccare i “temi astratti” del pluralismo dell’informazione e simili, c’è ancora il tempo di parlare dei problemi veri, come la sanità. Anche su questo il segretario del Prc espone questioni molto chiare: «L’esternalizzazione è alla base dei mali della sanità», dice. Ed aggiunge: «Vanno applicate delle sanzioni se i diritti dei pazienti non vengono rispettati». Forse il confronto vero sui contenuti è iniziato proprio ieri sera.
16 marzo 2006
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